Atlante, obiettivo fatturato di 350 milioni nel 2026

21 Dicembre 2023

In questa intervista rilasciata a EFA NEWS, Natasha Linhart, fondatrice e CEO di Atlante, dipinge un affascinante quadro della straordinaria crescita aziendale di Atlante, iniziata 30 anni fa.

Atlante è un partner strategico per le catene italiane nella selezione, importazione e distribuzione di prodotti alimentari globali. L’approccio di Atlante si basa sull’idea di lavorare per i clienti piuttosto che per i produttori, offrendo soluzioni su misura. Linhart evidenzia che il 50% del loro fatturato è rappresentato dalle esportazioni di prodotti italiani in tutto il mondo, collaborando con 170 produttori italiani.

La società gestisce progetti su 462 prodotti in corso, lavorando in base alle esigenze e alle richieste dei clienti. Linhart sottolinea il ruolo di Atlante come “realizzatori di progetti” e la fiducia ottenuta da grandi catene come Sainsbury nel affidare loro gli acquisti in Italia.

Atlante non si limita all’importazione, ma è anche attiva nelle esportazioni di prodotti italiani in vari paesi, compresi Svizzera, Sud Africa, Israele, USA, Grecia e Ungheria. Linhart spiega che la selezione dei prodotti si basa su standard qualitativi elevati, lavorando con produttori che offrono eccellenza anche senza certificazioni per l’export.

I clienti principali di Atlante includono la grande distribuzione in Italia, i discount e ora stanno mirando al settore del foodservice, con servizi a catene di caffè come Costa, Caffe Nero e Starbucks nel Regno Unito. Linhart menziona anche successi con marchi a marchio come “Da Emilio” in Svizzera e il lancio di “Cathedral City Cheddar” in Italia, un brand di formaggio cheddar in partnership con Saputo, il colosso canadese.

Nonostante la presenza di concorrenti su singoli prodotti, Linhart sottolinea che Atlante è unico nel raccogliere un’ampia gamma di prodotti. Guardando al futuro, la società ha un piano ambizioso che prevede di raggiungere un fatturato di 350 milioni di euro entro il 2026, con un focus su Italia, Regno Unito e Giappone, e un potenziamento del team di ricerca e sviluppo per prodotti sostenibili. La filosofia aziendale si riflette nel mantra di “Proteggiamo, cresciamo e innoviamo”, con un impegno per essere un’azienda etica e rispettosa dell’ambiente.

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Intervista con Natasha Linhart: “50% dei ricavi dall’export di cibi italiani di alta qualità”

“Galeotti furono l’amore e le bevande a base di soia sostitutive del latte: così Natasha Linhart, inglese purosangue (ma bolognese di adozione dopo il matrimonio con un imprenditore italiano) ha iniziato 30 anni fa l’avventura della sua Atlante. E come il celebre personaggio mitologico, Linhart ha pensato al mondo intero sviluppando un business che oggi vale 250 milioni di euro di fatturato e nato da un’idea rifiutata, come spesso succede. Incontriamo l’imprenditrice alla vigilia di un lungo viaggio in Cina e India ed è lei stessa a raccontare come è andata.

“Io allora lavoravo per Nutricia e avevo costruito molte relazioni con la gdo. Con la nascita di mio figlio, che si scoprì allergico al lattosio, entrai nell’allora costosissimo mondo della soia in polvere, e mi venne l’idea di suggerire all’azienda di lanciare un prodotto a costo popolare, vendibile anche al discount. Il mercato c’era, vista l’alta percentuale di allergici presente in Italia, soprattutto al sud, ma niente: il gruppo non ci credeva. Così proposi l’idea ad Alpro, dove c’era un direttore generale che colse al balzo l’opportunità. Ma non avevo soldi, così mi fecero credito per un camion di merce. Il problema fu che vendetti tutto in pochi giorni, la bevanda di soia andò a ruba, così il credito si ampliò a 10 camion… così è nato tutto, ho creato la società e iniziato a importare prodotti dall’estero, sia per la gdo che per il canale discount, ed eccoci qui”.

Oggi Atlante è uno dei principali partner strategici a cui si affidano le principali catene italiane per la selezione, importazione e distribuzione di prodotti alimentari da tutto il mondo, attiva anche nell’export delle migliori specialità del made in Italy all’estero. “Il nostro modello di business – precisa Linhart – nasce dall’idea di lavorare per i clienti e non per i produttori, tenendoci assoluta libertà di scegliere: così il cliente, soprattutto i retailer, in giro per il mondo e poi in Italia, ci vedono come un alleato più che un venditore di prodotto”.

Facciamo un esempio? “Mi spiego. Il distributore sta cercando un prodotto, anche una cosa particolare come il pesto di pistacchio, e noi proponiamo tutte le varie soluzioni in termini di qualità, affidabilità, prezzo, capacità produttiva, certificazioni. Sostanzialmente siamo realizzatori di progetti: solo ora ne abbiamo 462 in atto, che vuol dire altrettanti prodotti su cui stiamo lavorando per poi arrivare alla produzione. Partendo sempre dalla esigenza del cliente. E poi spesso siamo anche noi a proporre opportunità, sulla base della nostra esperienza, e le nostre relazioni in tutto il mondo. E siamo considerati affidabili, visto che un cliente della taglia di Sainsbury (la più grande catena di supermercati inglesi, ndr) ci ha affidato completamente tutti gli acquisti in Italia, esclusi vino e carni”.

Quindi non sono import, ma anche esportazioni di prodotti italiani all’estero? I sovranisti alimentari gioiranno.

“Proprio così. Lavoriamo con 170 produttori italiani e sui 250 mln di fatturato, il 50% è export italiano: da commodity pure (pomodoro, pasta), poi semicommodities come pesto, condimenti, antipasti, aceto balsamico, prodotti di bakery (biscotti taralli, grissini, cantucci), fino agli speciali, come capperi di pantelleria, olii molto particolari, e così via. In Svizzera vendiamo prodotti molto apprezzati a marchio “Da Emilio”, come i pizzoccheri della Valtellina o gli gnocchetti sardi. E poi distribuiamo, oltre alla Gran Bretagna, in Sud Africa, in Israele, in Usa, in Grecia, in Ungheria, ecc”.

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